Scrivere qualcosa sul Natale? Mi è stato chiesto, in particolare qualche riflessione su che cosa sia, quale valore abbia e a che cosa serva il Natale.
Niente di più facile, mi sono detto subito. O niente di più difficile?
Perché al di là della ricorrenza religiosa, al di là delle corse per comprare regali per lo più inutili, al di là delle grandi mangiate, nell’idea del Natale c’è qualcosa in più, che resta. Qualcosa che resiste e che sfugge ad ogni facile definizione. Il Natale è sì una ricorrenza religiosa, la più sentita nel mondo cristiano, è sì un’operazione di sfrontato consumismo che di cristiano ha ben poco, ed è anche, sì, l’occasione per sedersi a tavola con parenti e amici, ma c’è, ostinatamente, dell’altro. Anche se togliessimo tutte queste cose al nostro Natale, infatti, qualcosa del Natale resterebbe.

Che cos’è quest’altra cosa di cui tutti noi percepiamo l’esistenza, ma che non sappiamo ben definire?

Oggi va di moda chiamarla “atmosfera natalizia”, Dickens lo chiamava invece “spirito natalizio”, ma di cosa si tratta veramente?

Immaginiamo che qualcuno vissuto su di un’isola deserta per tutta la vita ci chiedesse di spiegargli che cosa sia il Natale: sapremmo farlo sicuramente tutti bene. Ma ognuno di noi metterebbe nella sua descrizione qualcosa di particolare, di assolutamente unico, che gli fa sentire questo evento come una festa personale, privata.
Non esiste un solo Natale, ma tanti Natali quanti sono le persone che lo vivono.
E allora ognuno ne ha una sua propria percezione, gli dà una pennellata caratteristica che contribuisce a migliorare il quadro.
Perciò mettiamola così: per me, il Natale è un viaggio nel tempo.
Nel nostro tempo privato, intimo, profondo.

Il senso del Natale sta, per ciascuno di noi, in un estremo, infantile, ingenuo e bellissimo tentativo di recuperare la nostra infanzia. Non credo che ce ne rendiamo sempre ben conto, ma il bello del Natale sta in gran parte nel ricordo della felicità provata quando si era bambini, o comunque nei Natali trascorsi, e questa memoria così calda è arricchita dalla speranza di rivivere quelle sensazioni questo Natale, e poi il Natale prossimo, e poi il Natale prossimo ancora…
Carica di suggestione è l’attesa del Natale proprio perché pervasa da questi due sentimenti così nostri, così umani: la memoria e la speranza. Così viviamo il Natale proiettati nel passato, e nel futuro, e questo rende bello il presente.
Complicato? Sì.
Ma proviamo a farla ancora più complicata. A Natale non siamo più buoni, sarebbe ipocrita dire questo, e sarebbe pure poco cristiano, perché altrimenti quella persona vissuta sull’isola deserta potrebbe dire “e durante tutto il resto dell’anno? Dove la mettiamo la bontà?” Allora ammettiamolo, non è vero che siamo tutti più buoni, ma è che vorremmo esserlo, vorremmo che gli altri lo fossero, vorremmo che il mondo intero lo fosse. Siamo più pronti, a Natale, più disposti ad essere buoni. Quindi siamo più fragili, più disponibili a riconoscere i nostri limiti, le nostre debolezze e sentiamo di più il bisogno di aggrapparci agli altri. A quelli a cui vogliamo bene, a quelli che ci vogliono bene. A quello che rende la vita degna di essere vissuta, e cioè, oltre agli affetti familiari, agli amici, alle tradizioni che ci danno un senso di appartenenza e ci ricordano qual è il nostro posto nel mondo.

Ecco perché, a Natale, giunge più caro il ricordo di Sor Flavio, degli anni passati con lui e con il gruppo folk, dei tanti amici che restano, di quelli che ci hanno lasciato (Marco, Daniele, Pandora). Perché a Natale abbiamo più bisogno di appartenenza, di legami forti con la nostra storia, con la nostra terra. Le attività del gruppo innescano questo meccanismo fatto di recupero, di valorizzazione della memoria, di speranza nel futuro e a noi, che amiamo così tanto questa terra da averne fatto una specie di marchio di fabbrica, viene anche naturale associare il Natale ad Alatri. Perché diciamocela tutta: un Natale lontano da Alatri non sarebbe un vero Natale. Per noi il Natale inizia a Santa Lucia e finisce a San Sist Ginnar’, è quasi un mese sul nostro calendario, ma vale molto di più nella nostra vita.

Il gruppo folk ha un compito importantissimo: quello di salvaguardare le nostre tradizioni e traghettarle alle nuove generazioni, affinché nulla vada perduto, affinché anche il Natale, la sua atmosfera, il suo spirito, o come credo io il suo carico di memorie, si trasformi in speranza per il futuro.

Achille Gussati