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Oggi, ad Alatri, si celebra la traslazione delle reliquie di San Sisto I da Roma ad Alatri.
Quest’anno, per la prima volta nella storia della nostra città, avrà luogo la rievocazione storica di ciò che accadde, secondo la narrazione Historica, l’11 di gennaio del 1132.

Mia nonna Iolanda, la sera del 10 gennaio, era solita raccontarmi “la venuta di San Sisto” colorando la narrazione di particolari come quelli legati a “chigli zic sole che chigli ommini fori d ‘pòrta, se stavan a tòll pe r’scallass ” alle prime ore del pomeriggio, quando una mula, improvvisamente, varcò le mura di Alatri.
Si tratta di una storia incredibile quella relativa all’arrivo delle sacre reliquie di San Sisto ad Alatri. Una storia che da sempre i nostri nonni ci tramandano con dovizia di particolari quasi a voler rafforzare un privilegio di cui siamo chiamati ad esserne eredi.
Mentre mia nonna proseguiva nel racconto, la mia fantasia cercava di immaginare la scena della gente che in quel giorno si riversava per le strade e i vicoli di Alatri: accorreva meravigliata a contemplare qualcosa di incredibile, sotto gli occhi stupiti di chi, lentamente, iniziava a capire che un giorno normale stava per trasformarsi in una data storica che avrebbe segnato per sempre, la vita e l’identità del nostro popolo e perchè no, anche quello degli Alifani a cui le reliquie era destinate.

Ad Alatri, mancava un “patrono” e pur essendo molte le possibilità di individuarne uno tra la schiera dei santi, è accaduto che questo arrivasse inaspettato con un nome sconosciuto, per diventarne il simbolo di coesione e di fratellanza.

Rivivere oggi quel pomeriggio dell’11 gennaio di 887 anni fa, sarà un momento prezioso, perché ci porterà a celebrare non solo la nostra identità e le nostre radici ma ci ricorderà, soprattutto, che Dio sa trovare percorsi incredibili e riportarci a casa anche quando i nostri progetti sono diversi e le nostre strade sembrano dirigersi altrove.
Siamo figli di una terra pazzesca, che ha assistito ad eventi incredibili e bizzarri, come quelli di una mula testarda che tuttavia ci ha insegnato il sapore buono di una storia meravigliosa che mai nessun futuro, nemmeno il più avaro, saprà farci dimenticare.

Gabriele Ritarossi