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Nell’isola montana di Pratelle, situata a ridosso dell’Abruzzo, ogni terza domenica di luglio si tiene un evento straordinario..

Dopo aver citato sempre sul nostro blog il testo Alatri ed il suo vernacolo di Padre Igino da Alatri, era..

Dal libro “Vecchia Alatri”, pubblicazione fortunata del nostro Sor Flavio riprendiamo un breve appunto storico.

…Nel 1900 il regolamento di Polizia urbana faceva divieto ai veicoli di entrare in città dopo il tramonto del sole: per cui la maggior parte dei venditori ambulanti, che tra l’altro dovevano coprire rispettabili distanze, quasi sempre erano costretti a bivaccare in località la Donna, pur impiegando tutta la buona volontà per giungere in tempo, anche ad evitare nel buio spiacevoli incontri con tipi affatto raccomandabili. Certamente dopo il lungo viaggio l’appetito non mancava e non mancava nemmeno l’iniziativa di persone di allestire, ed ogni anno sempre meglio, baracche ove si potessero consumare, per la circostanza, appetitosi “pullastri, puparoi e belle ciammotte” con larga mescita di vero vino casareccio. E siccome il canto ed il suono non possono mancare in certe circostanze, ecco venir oggi fuori l’estro poetico e umoristico musicale di Giovanni Ricciotti e di Gerardo Celebrini, due animatori delle tante iniziative all’epoca. A quanto si apprende dai vecchi, la serie fortunata di questa festa, diventata tradizione per Alatri, si affievolì quando incominciò il concerto degli obici e delle mitragliatrici della prima guerra mondiale che impegnò tutti alla difesa del territorio nazionale.

Cosi scriveva molti anni fa il nostro Sor Flavio; una riflessione che se pur datata potrebbe risultare attuale ai cultori delle tradizioni popolari, e come ricordava sempre: nel folklore e nella danza c’è l’animo di un popolo:

“Oggi il folklore ed il ballo italiano sono come li descrisse il piemontese Vajra «i grandi decaduti”: questa l’affermazione che si riscontra nel’ importante saggio sulla danza tradizionale.
ln verità non si può far storia delle religioni, della musica, del teatro, delle tradizioni popolari senza tener conto del folklore in genere e della danza in particolare.

Se noi consideriamo la condizione e la funzione della danza nella società italiana e la confrontiamo con la posizione che occupava e la considerazione in cui era tenuta nei passati secoli, dobbiamo senza meno riconoscere quel che asseriva il Vajra nel 1875, epoca in cui i veglioni carnevaleschi costituivano ancora un avvenimento popolare di grandissimo rilievo; epoca in cui non c’era manifestazione, non c’erano nozze che non terminassero con il tradizionale ballo: oggi tutto sembra esaurirsi e con rammarico si assiste alla discesa di questi valori coreutici e folcloristici.
Quando poi al posto occupato dalla danza nel folclore, anche se ormai in molte regioni non occupa più la posizione di grande rilievo che aveva un tempo, essa è pur sempre legata alle più pure espressioni tradizionali sia per il ciclo della vita umana, sia, e principalmente, per i lavori agricoli.

Ma è il caso di domandarci cosa sia stato fatto in Italia nora di veramente serio per una conoscenza storico-critica, basata su documenti, registrazioni di canti e di musiche per danze, affidate ai modernissimi mezzi sonoro-acustici e se anche per tutto quanto concerne il folklore contemporaneo?
Poco, pochissimo, eccezion fatta per qualche e registrazione di motivi ristretti ad una sparuta cerchia di paesi quando invece l’Italia, dalla Sicilia alla Sardegna, dalla Lombardia alla Ciociaria, alla Calabria è tutto un campo fertile per riportare alla luce motivi musicali di danze e cori come mezzo idoneo, il più adatto all’affermazione dei valori intrinseci del nostro folclore.
Si sente dire… “che bei costumi…che bei canti..che belle danze”; si vedono sorridere gli occhi per la gioia, quando inizia uno spettacolo di folclore ma più di questo nulla, mai nulla.

Eppure un grande figlio della Ciociaria, Anton Giulio Bragaglia, ha speso tempo prezioso per dedicarsi ad uno studio particolareggiato del folclore e della danza <Danze popolari italiane>  per offrircelo a ricordo di tempi non superati ma rimpianti dalla maggioranza.

Questo libro è l’immagine di uno studio profondo, condotto con un rigore critico: una ricca messe di dati, di notizie, frutto di lunghe, pazienti ed utili ricerche.
In Italia e quindi anche in Ciociaria, la zona che maggiormente ci interessa ed alla quale tanto teniamo, occorre intraprende seriamente studi sul nostro folclore e sulle nostre danze.
Occorre riportarle in “auge” per offrirle ai tanti turisti che visitano le nostre zone come il miglior ricordo di questa nostra terra ciociara ed in questo sforzo non sia inutile ricordare che l’Italia, che oggi è invasa dalle danze straniere, dal valzer alla polka, dal tango al rock and roll ora al madison, nei secoli ha insegnato il ballo a tutta Europa.

Non sarebbe male se tutti gli intenditori prendessero l’iniziativa di compiere studi in tal senso, di far incidere appositi dischi, riportare a nuovo i nostri canti dell’aia, dei campi formare gruppi di danzatori, di cantori del folclore. Saranno i responsabili e gli esperti a sancire queste forme di rieducazione popolare attraverso ampi e sereni dibattiti. Quanto verrà fatto per promuovere sul piano pratico lo studio della danza popolare italiana, ed in particolar modo ciociara, costituirà un contributo prezioso per la messa in valore di una delle espressioni più spiritualistiche ed esteticamente felici delle geniali qualità artistiche del popolo italiano. Abbiamo visto gruppi folcloristici esteri organizzati a spese dello Stato: parlo dei gruppi iugoslavi, polacchi, francesi, cecoslovacchi, spagnoli: non ne abbiamo incontrati in tal senso italiani. E’ davvero una lacuna riprovevole.

Il Gruppo Folcloristico di Alatri, che continuamente visita città italiane ed estere, sa il valore della bellezza della danza e del folclore italiano, principalmente ciociaro, dei canti e delle danze ciociari, perche sono gli applausi incondizionati, i premi conseguiti, i rinnovati inviti che testimoniano quanta simpatia in ogni contrada di Italia esista per la nostra Ciociaria: il nostro folclore, così come dicono i giornali, è addirittura “signorile”.
E noi, lungi dai ronzii di questa dannata vita moderna, ci dovremmo sentire invitati ad un ritorno alla serenità, alla pace, ai nostri campi, cosi come accadeva anticamente quando tutte le mamme, attorno al focolare, ove crepitando si consumava un vecchio ceppo, raccontavano le favole che ci facevano più buoni, più sereni fino a farci cantare, a farci danzare spensieratamente.
Tempi scomparsi, ma che potrebbero tornare con la buona volontà di tutti, se davvero ci sentissimo custodi delle nostre belle e pure tradizioni popolari una volta ritrovatele: e ciò principalmente per la valorizzazione di questa nostra troppo depressa, ma tanto amata terra ciociara.

 “Sor” Flavio Fiorletta

16/07/14 – 04/10/2007

Una delle peculiarità dei piccoli paesi come Alatri è sempre stata quella..