satore, il giocattolaio di alatri

Scartare un regalo, trovarci dentro il giocattolo tanto desiderato, aspettare con trepidazione il mattino successivo per iniziare l’avventura e cominciare giocarci.

I ricordi del Natale per molti sono collegati al fantastico mondo dei giocattoli e ad Alatri, inevitabilmente, a Satore.

L’Epifania, tutte le feste si porta via…e con loro, tutta la magica atmosfera creata tanti anni fa da attori inconsapevoli quali il nostro indimenticabile “giocattolaio”… Satore.

Eh sì, con le prime pagine del calendario dell’Avvento, la vetrina tappa fissa delle nostre scorribande per Alatri era proprio la sua: quella di Satore. Il merciaio del centro storico di Alatri, l’emporio dove trovavi di tutto tutti i giorni dell’anno, diventava fin dai primi di dicembre il Giocattolaio per eccellenza.

Il tragitto preferito era scendere dalla piazza dopo la bevutina di rito alla Fontana Pia e, superato l’arco, accostarsi con il fiato sospeso alla piccola vetrina laterale sotto la casa stessa di Satore.

L’edificio, che aveva subìto danni durante i bombardamenti del ’44, era stato ristrutturato con una curiosa disposizione ad angolo tondeggiante. Lo sovrastava una bella terrazza fiorita tutta l’estate e impreziosita da una rigogliosa pianta di glicine che inondava di petali il marciapiede sottostante. Il retaggio di un orto giardino che non c’era più e che, così mi si raccontava, era stato molto curato dal giovane Satore.

A dicembre, sotto il buio delle giornate sempre più corte e alla luce dei pallidi lampioni di via della Repubblica, quel muro tondo su cui si apriva anche il negozio di lampadari di Fulvio e la piccola sartoria di Guido e di sua sorella Giacomina, ti appariva come l’antefatto di un mondo più grande e assai più magico del Paese dei Balocchi di Pinocchio. In bella mostra sugli angusti ripiani di quella prima vetrina, macchinine, pupazzi e qualche modesta bamboletta ammiccavano furbescamente come a dirti: “Gira, gira, ora sì che ne vedrai delle belle!”.

 E infatti così era e tu lo sapevi: frenavi la corsa delle tue gambette gelate, riparate solo fino alle ginocchia dai calzettoni di lana a quadri, e ti mettevi in fila indiana con i compagni, incedendo solennemente sul marciapiede fino all’entrata principale.

Dai due espositori laterali già ti rendevi conto che entrare nel negozio di Satore avrebbe significato essere come ingoiati da una scatola cinese. Ma entrare non sempre era possibile, a meno che non lo facessi con mamma o con nonna in cerca di elastici e bottoni.
Il trenino Lima in movimento, con la locomotiva nera e i vagoni colorati, era il primo giocattolo che ti catturava lo sguardo; non riuscivi però a soffermarti più di tanto sul suo ripetuto viaggio circolare, tanta era la voglia di scoprire di più. Gli occhi cercavano avidi altri balocchi e si posavano inquieti di qua e di là, temendo di perdere qualcosa.
Così ti accorgevi pian piano (in realtà tutto accadeva in frazioni di secondo), che dietro il camioncino pieno di palline nel sacchetto retinato stava placidamente seduto quel “carissimo Pinocchio” di legno di cui cantava Johnny Dorelli e che legittimamente imperava nel pianeta di Satore. Ti chiedevi anche perché Lucignolo non gli facesse compagnia, ma era solo un pensiero fugace, poiché subito gli occhi saettavano sulla Giulietta verde della polizia e la spider telecomandata (con tanto di filo e mezze torce non ricaricabili) rossa fiammante. Il desiderio di possedere tutto quel ben di Dio si accendeva però di fronte alla coppia di telefoni con cui avresti potuto comunicare di stanza in stanza con la tua amichetta del cuore o alle minibambole con cui avresti potuto giocare di nascosto sotto le coperte.
E poi c’era il passeggino con l’antenato di Cicciobello e i biberon rosa e celesti che la pubblicità definiva “magici” perché inclinandoli sulla bocca del bambolotto il latte sembrava sparire davvero! I sette nani di gomma modello Disney scortavano la Biancaneve vezzosa che ti aveva incantato al “Cinema Politeama”
e il Provolino di pezza lanciato in tv da Raffaele Pisu ti ghignava col suo dentone bianco. I giochi da tavolo non ti interessavano granché, soprattutto la Tombola e il Gioco dell’Oca. Troppo scontati, troppo noiosi, e poi non vincevi mai nulla! Se proprio avessi dovuto scegliere, meglio il Monopoli o Rischiatutto con la foto sorridente di Mike Bongiorno.

Incollati alle vetrine, il nostro vociare si faceva sempre più festoso ed evidentemente troppo sonoro, poiché Satore si affacciava sull’uscio con il suo cipiglio da rimprovero, reso più arcigno da uno sguardo che non ti guardava e dalla schiena ricurva. Sembrava volesse scacciarti infastidito per lo schiamazzo e l’ingombro sulla porta; in realtà abbozzava nascostamente un sorriso e, se era di luna buona, ti invitava perfino ad entrare.

Ed ecco che allora lo facevi ad occhi bassi e con il cuore in subbuglio, intimidita dalla penombra e quasi stordita dall’odore dei giocattoli.
E seguire la sua scia e i passi del vecchio giocattolaio (in realtà vecchio non era) era un tutt’uno.
Come in trance, imboccavi la porta in cima a una scaletta di marmo alle spalle del bancone e ti ritrovavi nell’antro di mago Satore: un retrobottega ampio e rischiarato da una lampada a soffitto dove il tripudio di balocchi ti faceva quasi svenire.
Colori, effigi, rumori, le preziose realtà della tua vita bambina raccolte tutte insieme e tutte in una volta! Un giro veloce su te stessa, in un turbinio di giochi immaginati eppur goduti: una minestrina al sugo di papavero nel servizio di pentoline di rame; un tè nelle tazzine di ceramica smaltata aromatizzato al limone rubato dal frigo di casa;
una passeggiata al Girone con la carrozzina blu modello Inglesina; cambio abiti e accessori per le favolose sorelle Furga, Sheila, Sylvie, Simona e Susanna
Pochi minuti lunghi pomeriggi interi che, puff… così come i soffioni raccolti nel prato di Squarcione, svanivano all’improvviso con l’ingresso di qualche cliente da servire.

Incalzati via da Satore e ancora inebetita, ti ritrovavi allora per strada, giù verso largo Ricciotti.

E lì immancabilmente ti voltavi, lanciavi una languida occhiata all’amata bottega, desiderando in cuor tuo che la Befana, di lì ad un mese, vi si fosse fermata.

L’mmagine di “Satore” è stata gentilmente concessa da “Maggio Alatrense”.

Le immagini dei bambini sono tratte dal web.

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