Articoli

Una ciociara con la conca ed un fiore in mano, rivolta verso il Palazzo delle Esposizioni di Roma, perché? Qual è il nesso? Cercherò di spiegarlo affidandomi ai ricordi, ad alcune foto, poche in verità  e a qualche articolo di giornale.

Taglio del nastro con al centro Il Gen Aloia, a destra il Comm. Silvio Biondi e l’artista Valeriani

Nel settembre 1962, alla presenza del Capo di Stato Maggiore  Generale Aloia (in rappresentanza del Ministro Giulio Andreotti intervenuto successivamente) venne inaugurata presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma (nelle due gallerie) la mostra “La Ciociaria vi presenta”.  A fare gli onori di casa,  il Comm. Silvio Biondi, Presidente delle Associazioni tra i Ciociari di Roma e organizzatore della rassegna.
In quell’incontro,  la terra ciociara fu presente,  al suo più alto livello,  con l’intera gamma delle espressioni artistiche, dalla pittura e scultura alla ceramica, dalla letteratura  alla saggistica,  sino alle varie e multiformi attività artigianali, dimostrando di non essere solo terra di pastori.

Il Dott. Franco Evangelisti di Alatri ammira insieme al Comm. Biondi opere dello scultore Giambelluca

Il Comm. Biondi riceve il ministro Giulio Andreotti

Opere di valenti pittori antichi e moderni, italiani e stranieri, fecero gustare paesaggi, antichità storico-artistiche e figure tipiche della Ciociaria. Scrittori piccoli e grandi, Cicerone, S.Tommaso d’Aquino, Giovenale, Maiuri, Bragaglia e tanti,  tanti altri, fino a quelli moderni che avevano illustrato le bellezze della nostra terra. Non meno importante la presenza delle magnifiche opere dantesche e pascoliane di Padre Luigi Pietrobono di Alatri, di Padre Igino e Padre Mariano d’Alatri. Non mancavano i prodotti di valenti artigiani i cui lavori fecero conoscere ed apprezzare le capacità raggiunte. Per quanto concerne Alatri un richiamo all’antico lo offriva l’Oreficeria Pelloni con i suoi coralli tradizionali semplici e pesanti, gli orecchini d’oro di varia foggia e misura e i famosi “pennenti delle nostre nonne. Alessandro Folchi espose una sella riccamente lavorata, insieme ad altri manufatti. Molto interesse suscitò un telaio già approntato per la tessitura e con intorno esposti vari lavori, testimonianza del faticoso lavoro delle  Tesserelle delle Piagge che tanta fama avevano contribuito a dare al panno  di Alatri

 

Quasi  a completamento della manifestazione fu organizzata nei giorni successivi (la mostra durò 10 gg.) una “Caccia al Tesoro” in Ciociaria, intesa come richiamo per un risveglio dell’interesse verso itinerari che natura, origine e arte avevano posto nelle vicinanze di Roma. Molti furono i partecipanti, spesso famiglie al completo, che dalla Capitale si diressero verso i luoghi ciociari indicati dalla ricerca dei “Tesori”.

Ad Alatri,  furono accolti presso il Circolo Amici, dove venne loro offerto un liquore di benvenuto, mentre ponevano domande per captare notizie attinenti alle risposte da dare. La gente, in paese, si mostrò incuriosita e alla fine contribuì a dare indicazioni, riscoprendo con loro,  le bellezze del proprio paese.
Non fu solo ospitalità, ma compiacimento di tutti nei confronti di quanti avevano riempito le strade di Alatri per rendere omaggio alle cose che sono più care, perché restano durante l’arco di tutta la vita.

Fu chiesto se fossero rimasti soddisfatti, la risposta fu unanime “meglio di cosi non poteva andare, state pur certi che torneremo per nostro conto a vedere Alatri ancor più da vicino”!

Depliant di Alatri distribuiti durante la manifestazione

La manifestazione di Roma fu definita, simpaticamente “ La calata dei Ciociari a Roma” e nelle vetrine di Via Nazionale,  furono esposti quadri di soggetti ciociari e slogan invitanti a visitare la Ciociaria. Molti i depliant su Alatri che Flavio Fiorletta aveva fatto stampare e che ragazze in costume distribuivano.

Frequenti erano i contatti tra Alatri e l’Associazione, fu un canale attraverso il quale molti personaggi e artisti vennero nel nostro paese come espositori nelle mostre d’arte, come componenti delle giurie, ma anche in visita privata come Mario Valeriani e Giacomo Manzù.

I gruppi folk di Alatri e Atina portarono, con le loro danze e i loro costumi una ventata di allegria oltre a far gli onori di casa all’interno dell’esposizione; si esibirono davanti al Palazzo al suono del tradizionale organetto che risuonò in tutta Via Nazionale.

Il traffico per qualche minuto si fermò, nessun reclamo, nessun clacson che suonava, anzi incuriosito il pubblico dei passanti approfittò per ammirare i costumi e godere di quelle danze cosi festose che non aveva mai visto. Dai finestrini degli autobus applausi e tanti “bravi!”.

Fu una festa dell’amicizia, della simpatia che univa le nostre contrade con Roma, ma fu soprattutto l’occasione per far conoscere a molti, compresi i turisti, un angolo suggestivo dell’Italia.…la nostra Ciociaria.

Il momento più bello fu la sera,  quando il nostro gruppo, insieme a quello di Atina e ad alcuni organizzatori tra cui il Comm. Biondi (con tanto di “bel figliolo” al seguito, entrato ovviamente nelle simpatie di tutte noi ragazze), ci ritrovammo a cena in una tipica trattoria romana nei pressi del Palazzo. Tavoli all’aperto, con tovaglie e tovaglioli a quadretti bianchi-rossi di stoffa, fiaschi di vino rosso e tanto buon cibo. Tra una portata e l’altra, tra un brindisi e l’altro si eleva il classico canto romanesco, (con una piccola, ma per noi sostanziale modifica) :  “fatece largo che passamo noi, sti giovanotti de st’Alatri bella, semo ragazzi fatti cor pennello…” e via di seguito mettendo da parte, per una volta, i nostri canti.

Una Roma pittoresca, la Roma di Rugantino che da lì a breve sarebbe arrivato sulle scene (Dicembre 1962). E noi ne sapevamo qualcosa, avendo fatto da poco una audizione al Sistina chiamati da Garinei e Giovannini per studiare costumi e danze in vista dello spettacolo. Trascorremmo una mattinata tra palcoscenico e camerini, ci sentivamo un po’ tutti attori e non riuscivamo a credere di essere “Al Sistina”. Oggi non farebbe più meraviglia, ma pensate a mezzo secolo fa, a quei giovani che da qualche anno si ritrovavano ad uscire ogni tanto dal paesello e per i quali ogni incontro aveva qualcosa di straordinario, oltre ad aggiungere esperienza e sicurezza alla loro vita. Dopo cena un giro nella Roma di notte e… ”tutto d’un tratto te trovi, Fontana de Trevi che è tutta pe te.

Un incanto, a noi sembrava di vivere come dentro una favola, l’eco di “Vacanze Romane” non era ancora spenta.  Una fontana del tutto naturale, in un contesto senza l’accesso numeroso dei turisti di oggi, bianca, illuminata e noi,  seduti lungo il bordo della vasca,  con i colori vivaci dei nostri costumi: il tutto degno di un acquerello dell’800, di una Roma sparita.

Si respirava un’aria magica che solo Roma, a quei tempi, poteva creare. Al ritorno, sul pullman, stanchi ma soddisfatti, con la testa reclinata sullo schienale o sulla spalla del vicino e un po’ malinconici, ma con quel poco di voce che era rimasta, ci venne spontaneo intonare:  “Arrivederci Roma, good bye , au revoir…”  sicuri che non ci saremmo mai  liberati delle emozioni provate.

di Anna Maria Fiorletta


 

 

Venerdi 10 maggio, in una splendida cornice di pubblico, il nostro Gruppo..

Concludiamo la nostra “carrellata” dei personaggi che hanno dato lustro alla città di Alatri, così come l’abbiamo aperta: ricordando un sodale amico di Gerardo Celebrini… parliamo infatti di:

Giovanni Ricciotti

Nato ad Alatri il 06/12/1867. Storico e letterato con predilezione per gli scritti di San Francesco al quale ha dedicato varie conferenze;  Studioso del  dialetto Alatrese scrisse un testo con grammatica e vocaboli. Fratello del notaio Ricciotti, ha ricoperto vari incarichi nel corso della sua carriera professionale:
– 20 dicembre 1909, con decreto del R. Prefetto di Roma è nominato Commissario per la Congregazione di Carità di Guarcino
– da dicembre 1909 a dicembre 1912, segretario del Comune di Torre Cajetani
– Nel 1912 viene nominato segretario interino del Comune di Alatri e passa definitivo in seguito a concorso il 20 aprile 1920;
– Il 28 aprile 1915 viene chiamato a Segretario di Acuto in seguito a concorso e ad Agosto 1922 viene nominato segretario capo interino del Comune di Alatri; il 18 Agosto 1923 viene nominato segretario capo per promozione del Comune di Alatri.
E’ stato inoltre dal 1908 al 1915 segretario del Consorzio Agrario di Alatri e dal 1901 al 1924 Capo del collegio dei Sindaci della Cassa Rurale Madonna delle Grazie di Alatri.

Ha ricevuto vari riconoscimenti :
il 28 gennaio 1910 Encomio del R.Commissario di Guarcino, il 24 settembre 1912 Encomio del R. Commissario di Torre Cajetani Rag. Tocco Francesco, primo ragioniere presso la Prefettura di Roma.
26 giugno 1915 Encomio del Commizzario Prefettizio Cav. Garibaldo Ferrari, primo ragioniere presso la R.Prefettura di Roma.
21 ottobre 1923 Encomio del Commissario Prefettizio Cav. Uff. Enrico Tusa, primo ragioniere presso la R.Prefettura di Roma
Nel 1937 ha lavorato presso il Comune di Belmonte Castello e nel 1938 presso il Municipio di Atina, dopo il quale si è ritirato per quiescenza.

Dall’entrata in guerra, da maggio 1915 a tutto il 1919,  il segretario Ricciotti tenne l’amministrazione dei fondi pei sussidi alle famiglie dei militari richiamati o trattenuti alle armi. Curò il rientro di parecchi disertori e in varie continuate conferenze pubbliche e private in Alatri e fuori predicò specialmente dopo il disastro di Caporetto, la resistenza interna. Disimpegnò il servizio dell’ufficio notizie tenendo sempre altro lo spirito nazionale. Predicò sempre i principi di fratellanza e di pace sotto l’egida delle istituzioni che ci reggono. Fu sempre a capo di ogni movimento, diretto a mantenere saldo e fermo il principio della italianità e della fedeltà al Re e alla Patria

Dal libro “Alatri ed il suo vernacolo” di Padre Igino da Alatri, edizione pubblicata il 06/09/1986 per i tipi delle Arti Grafiche Tofani dalla Soc. Cooperativa Cultura e Territorio – Archeoclub, nella “Storia Pupulara”, racconti su Alatri davanti il camino”, a  pag. 157  viene cosi descritto:

Con l’amico Gerardo Celebrini  ha composto alcune canzoni ancora molto conosciute ed eseguite negli ambiti delle tradizioni popolari ciociare; infatti nel 1900 in occasione della fiera della Maddalena (che ricorre il 22 luglio), scrissero  le parole (Celebrini) e la musica (Ricciotti) delle canzoni alatrensiL’Arca“, “Gli culacchiegli“, “Juccia“, “La cipolla“, “La tesserella“, “La ciammotta“.

In occasione della morte del caro amico Celebrini  avvenuta nel febbraio del 1930, fu chiamato,  in nome ed in rappresentanza del generale Turano,  Commissario Prefettizio, a porgere  il saluto della cittadinanza  e dell’Amministrazione Comunale .

E’ morto  il 23 Dicembre 1943

(Si ringrazia Filippo Petricca)

Egnazio Danti
Nato a Perugia nell’ aprile 1536, Egnazio Danti, è stato insigne vescovo della città di Alatri. Noto cultore di scienze, ma anche di filosofia e teologia, è famoso per aver disegnato le carte geografiche degli armadi in Palazzo Vecchio a Firenze per incarico dei Medici e per aver progettato il quadrante astronomico e l’armilla equinoziale, posti sulla facciata di Santa Maria Novella. Scrittore prolifico e docente negli studia di Firenze e Bologna, viene utilizzato dal papato per compiere rilievi topografici in Umbria e per disegnare le famosissime carte geografiche d’Italia della Galleria Vaticana. In Alatri riorganizza la diocesi secondo le disposizioni tridentine ed è l’artefice di un forte rinnovamento della chiesa locale. Muore ad Alatri il 19 ottobre 1586

Pompeo Molella
Insigne figura di giurista, Pompeo Molella nasce ad Alatri nel 1548 da Valerio e Giovanna Tuzi. Lauratosi giovanissimo in giurisprudenza, verso il 1574 si trasferisce a Roma, dove riesce a conquistarsi la fiducia e la simpatia di alti prelati. Clemente VIII, nel 1592, prima gli affida il governo rato di Imola, quindi lo nomina Procuratore generale del Fisco. Gli alti incarichi non lo distolgono dalla professione di magistrato, attraverso la quale lega il suo nome ai principali processi del tempo. Di questo il più eclatante, anche per le conseguenze che coinvolgono lo stesso Clemente VIII, è quello relativo a Beatrice Cenci che, riconosciuta colpevole di parricidio, viene decapitata insieme ai suoi complici nel settembre 1599. Molella conserverà l’incarico di Procuratore fino al 1605, anno in cui è inviato da Paolo V a governare alcune città dello Stato della Chiesa. Muore a Roma l11 settembre 1608.

Luigi Ceci
Valente figura di glottologo e latinista, nasce in Alatri il 2 febbraio 1859 da Vincenzo, modesto tintore, e da Maria Minnocci. Dopo gli studi classici svolti presso le Scuole Pie di Alatri e di Savona, nel 1882 ottiene a Firenze, la laurea in lettere. Chiamato a Roma come suo segretario particolare dal ministro della Pubblica Istruzione, collabora alla preparazione di un progetto di riforma per la scuola superiore, progetto mai realizzato per le dimissioni del presidente del Consiglio dei Ministri, Depretis. Insegna Latino e greco nei più prestigiosi licei in Italia. Nel 1893 ottiene la cattedra di grammatica indo-greco-italica presso l’Università di Roma, ricoprendo per due volte la carica di Preside della facoltà di lettere. Nel 1914 è inserito nella commissione preposta alla riforma degli studi superiori dal Ministro Cretaro distinguendosi per la grande competenza scrivendo la Relazione generale. Si dedica agli studi della lingua slava senza tralasciare la sua copiosa attività di saggista. Tra i suoi scritti: Il pronome personale senza distinzione di genere nel sanscrito, nel greco e nel latino, Il vocalismo nel dialetto di Alatri, Tabulae Iguvinae, Grammatica della Lingia latina, muore ad Alatri il 22 giugno 1927.

Luigi Pietrobono (Dantista)
Nasce ad Alatri il 26 dicembre 1863. Nel 1880 entra nell’ordine degli Scolopi e si accosta agli studi classici, laureandosi in lettere con una tesi sulla Teoria dell’amore in Dante, edita nel 1888. Successivamente si laurea in Filosofia, con il saggio, anch’esso pubblicato, Il fondamento psichico della vita animale secondo Rosmini e Darwin. Per circa mezzo secolo, con la breve parentesi degli anni 1905-06 nei quali è chiamato a dirigere l’istituto Conti Gentili di Alatri, insegna nel prestigioso collegio Nazareno di Roma come titolare delle cattedre di letteratura italiana, latina e greca, di filosofia e di religione. Nel 1899 incontra Giovanni Pascoli e dà inizio alla lunghissima e fortunata attività di saggista che lo porta a pubblicare numerosi studi sul poeta romagnolo. Il suo grande amore resta però Dante e la Divina Commedia, la cui personale lettura lo rende noto agli studenti liceali e universitari dell’Italia intera. Lo spirito liberale emerge durante la prima guerra mondiale, quando non esita a scendere in piazza per esortare i giovani a correre in aiuto della Patria dopo la disfatta di Caporetto. Dei numerosissimi saggi: L’opera poetica di G. Pascoli, Dal cerchi al centro: la struttura morale della Commedia, Il commento alla Divina Commedia, etc.; Grande figura di dantista,  attento e profondo studioso della letteratura italiana, muore a Roma il 27 febbraio 1960.

Valerio Molella
Discendente da una delle più nobili ed antiche famiglie di Alatri, distintosi per il suo mecenatismo e per l’alto amore verso la città cui ha dedicato una vita intera. Lascia in eredità una ricchissima biblioteca di manoscritti che resta un preciso punto di riferimento per quanti vogliano sapere o scrivere di Alatri.

Padre Igino da Alatri
Padre Igino, al secolo Coccia Sisto di Giovanni Battista e di Tagliaferri Chiara, nacque in Alatri l’11 gennaio 1883.
Frequentò le classi ginnasiali nel patrio ginnasio-liceo “Conti Gentili”. Vesti l’abito religioso in Fiuggi (Maestro il P. Bonaventura da Rocca di Papa)  il 15 gennaio 1898 ed emise la professione semplice il 15 gennaio 1899.
Iniziò lo studio filosofico in Monte S. Giovanni sotto il Lettorato del P. Bernardo da Guarcino. Fu quindi iscritto alla Pontificia Università Gregoriana e consegui la laurea in filosofia. Fu ordinato sacerdote il 23 luglio 1905.
Nel novembre 1907 fu nominato Lettore di Filosofia e Direttore dello Studio di Frascati e fu nominato Lettore di S. Teologia ad honorem.
Negli anni scolastici 1915-19 insegnò lingua francese e scienze naturali nel Seminario diocesano.
Nel periodo di ottobre 1929 – maggio 1931 fu inviato a insegnare nello Studio Filosofico di Alatri. Indi tornò nuovamente a Veroli in qualità di Guardiano e di Direttore del Seminario Serafico, cariche che detenne per un sessennio. Nel Capitolo Provinciale del 1946 fu nuovamente assegnato di famiglia a Veroli in qualità di Padre Spirituale dei fratini e qui vi è rimasto ininterrottamente fino alla morte, avvenuta il 29.7.1962.

Altro lato notevole dell’attività del P. Igino è quello di scrittore. Oltre a varie monografie e articoli apparsi su la rivista «L’Italia Francescana» e su giornali, le sue opere date alle stampe sono le seguenti.
S. Francesco in Alatri (Isola Liri, 1929);
Guida della Chiesa della SS. Concezione dei Cappuccini di Roma (Tivoli, 1930);
Alatri e il suo celeste Patrono (Veroli, 1932);
Breve storia di S. Sisto (Frosinone, 1932);
Atti del II Convegno laziale del III Ordine (Veroli, 1921);
Atti del Convegno dei Dirigenti del T.0.F. (Roma, 1946).
Alatri e il suo vernacolo
Opere inedite: 1) Corso ciclico di canto ecclesiastico; 2) Stilistica latina; 3)Consigli pratici agli oratori sacri; 4) Tavole sinottiche di prosodia latina; 5)Gli araldi della luce, racconto apologetico; 6) Fiamme di sacrificio, Vita di S. Francesco da Leonessa; 7)I Cappuccini e Vittoria Colonna; 8) L’ortodossia cattolica di Vittoria Colonna.

 


Per: Luigi Ceci, Luigi Pietrobono, Sisto Magni, Valerio Molella, Pompeo Molella, notizie tratte da “Conoscere Alatri” di  Armando Frusone

De Persiis Luigi (vescovo)
nacque ad Alatri il 9 maggio 1835. Sentì ben presto la vocazione al sacerdozio e fu accolto nel patrio seminario. Dimostrò grande amore per lo studio della filosofia, della teologia e del diritto. Pubblicò monografie e volumi di alto valore critico, tra l’altro: “Pio IX in Alatri”, “Lo stemma di Alatri”, “Memorie del Pontificato di S.Sisto I , Papa e Martire”, ” I confini del territorio comunale di Alatri” ecc. Per così interessanti opere e per la sua elevata cultura teologica e giuridica, meritò la stima di Papa Leone XIII il quale, il 21 giugno 1896, lo nominò Vescovo di Assisi. Morì il 31 ottobre 1904.
Benedetto da Alatri (cappuccino)
al secolo Domenico Fiorenza, nacque ad Alatri il 6 dicembre 1847. Appartiene all’ordine dei Frati Minori Cappuccini. Tenne la cattedra di filosofia ad Alatri, fu Definitoree, per due Volte, Ministro della Provincia Cappuccina di Roma. Fu nominato teologo e fu scelto dalla Regina Margherita di Savoia come suo direttore e confessore spirituale. Resta il suo volume dal titolo “L’ Eucarestia e la Vergine del 1902-1904 conservato a Roma. Mori nel 1929.
Isola Pietro Antonio (professore)
nacque a Roccasecca il 5 maggio 1865. Si laureò in lettere e si diede all’insegnamento, tra cui anche nel nostro Liceo Ginnasio. Fecondo e pregevole scrittore e critico, pubblicò numerose opere, tra le quali citiamo:” Su le satire di V. Alfieri”, “L’incontro di Dante e Virgilio con Sordello e Stazio”, “Brani di Vita, Versi”, “Quattro saggi Virgiliani”, “Saggi Danteschi” ed altre opere, conservate nella biblioteca Conti Gentili di Alatri. Morì ad Alatri nel 1938.
Lazzari Marino (Professore)
nacque ad Alatri il 14 maggio 1883. Dopo aver compiuto gli studi classici ad Alatri, si laureò in Lettere e Filosofia all’Università di Napoli nel 1905. Distinto insegnante, iscritto nel ruolo d’onore, esercitò la sua professione in varie città  d ‘Italia e collaborò con numerose riviste politiche del tempo. Nel 1938 fu Direttore Generale delle Antichità e delle Belle Arti e volle il restauro della chiesa di S. Silvestro e della collegiata di S. Maria Maggiore, per riportarle nella veste originale.
Cerica Angelo (Generale dei Carabinieri)
nato ad Alatri il 30 settembre 1885. Dedicatosi alla carriera militare, prese parte alle due guerre mondiali del 1915 e 1940, raggiungendo il grado di Generale di Corpo di Armata nell’Arma dei Carabinieri.
Ebbe numerose medaglie di merito al valore militare e nel 1947 fu Presidente del Tribunale Supremo Militare. Fu  anche Senatore della Repubblica nel 1953, eletto nel collegio di Frosinone.
Amilcare Minnucci
Nacque ad Alatri il 1 maggio 1885 da Giuseppe e da Rosa Buglioni. Giovanissimo decise di seguire il mestiere che fu già del nonno e del padre: quello del sarto. Egli svolse il suo lavoro non solo per sé, ma soprattutto per gli altri, impegnandosi nell’attività politico-sindacale per migliorare le condizioni di lavoro della categoria degli artigiani e dei sarti, non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. Decisivo fu l’incontro del tredicenne Minnucci con Romolo Murri, fondatore di un movimento che sfocerà qualche anno più tardi nel Partito Popolare di Don Sturzo. Appena ventenne assunse la direzione di una delle più famose sartorie romane, la Sartoria Grassi di Via del Corso. Limitato nella sua attività sindacale dal fascismo, continuò ad operare nell’ombra fino alla creazione dell’Associazione degli Artigiani di Roma e Provincia, di cui fu presidente, e della Confederazione Italiana dell’Artigianato Romano, di cui fu co-presidente, e dell’Associazione Nazionale dei Sartori. In un incontro a Londra nel 1947, commentando l’abbraccio tra il Presidente dei Sarti francesi e il Presidente dei Sarti tedeschi, ebbe a dire “Si sta ricucendo l’amicizia franco-tedesca. Chissà che la pace nel mondo non debba dipendere anche dalle nostre ricuciture!”. Importanti personalità del mondo del lavoro nazionale ed internazionale ricordarono con attestazioni di stima Amilcare Minnucci nel giorno della sua morte, il 27 febbraio 1969 e ancora oggi il suo nome è ricordato con un premio dedicato ai giovani sarti.
Ottavio Ceci
Al secolo Francesco Ceci, nacque ad Alatri da Ercole e Giuseppina Dell’Orco il 29 settembre 1889. Dopo gli studi ginnasiali entrò nell’ordine dei Frati Minori Cappuccini e il 29 giugno 1913 fu ordinato sacerdote. Cappellano militare nella guerra del 15-18 meritò un encomio solenne dal Generale Armando Diaz. Nel 1919 conseguì la laurea in Diritto Canonico e fu professore a Viterbo e Napoli. Fondamentale nella sua vita fu la fondazione nel 1926 della rivista “ L’Italia Francescana”, che egli stesso diresse fino al 1942 e nella quale pubblicò numerosi articoli di carattere storico-critico tenuti in grossa considerazione non solo da ambienti religiosi. Come ultimo riconoscimento alla sua opera Pio XI lo elevò nel settembre 1941 all’altissimo ufficio di Predicatore del S. Palazzo Apostolico. Morì a Cortona il 25 settembre 1943.
Cesare Zavattini
Nato a Luzzara il 20 settembre 1902. Prende la licenza elementare a Bergamo. Si trasferisce poi con la famiglia a Roma e successivamente si iscrive al Liceo “Conti Gentili” di Alatri, dove rimane fino al raggiungimento della maturità liceale. Giovanissimo effettua le prime esperienze a livello giornalistico. Visto il suo valore, Zavattini è chiamato a collaborare con importanti testate giornalistiche e con vari editori, e incontra Vittorio De Sica. Da questo incontro nascerà un sodalizio  durato a lungo dal quale hanno preso vita numerosi film di valore storico quali “I bambini ci guardano”, “Le porte del cielo”, “Sciuscià”, “Ladri di biciclette”, “Miracolo a Milano”, “La ciociara”, e tanti altri. Nel 1986 riceve la cittadinanza onoraria di Alatri.
Roasenda Paolo (Padre Mariano, Cappuccino e Professore)
nato a Torino il 22 maggio 1906. Fu noto e brillante professore di lettere classiche ed insegnò ad Alatri negli anni 1933-34-35 nel regio Liceo Ginnasio “Conti Gentili”. Nel 1940 entra nell’ordine dei  Frati Minori Cappuccini e nel 1945 riceve l’ordine Sacerdotale. Padre Mariano divenne famoso per il suo “Pace e bene a tutti” che predicava in televisione con un ascolto di quasi 15 milioni di telespettatori. Le sue prediche furono molto seguite sia da credenti e non credenti, che non perdevano quasi mai l’appuntamento alla TV con il cappuccino. Padre Mariano dava conforto e speranza con una dialettica colta ma molto vicina alla gente, Morì nel 1972 e sepolto nella chiesa “Padri Cappuccini” a Roma in via Veneto. E’ ancora popolarissimo nei ricordi degli italiani e la sua fama ha spinto la chiesa ad avviare l’iter di beatificazione che lo riconosca come “Frate della TV”.
Stefano Grappelli  – violinista
Stefano Grappelli nacque a Parigi nel 1908. A soli quattro anni perse la madre. Pur essendo nato in Francia non perse mai l’occasione di sottolineare le sue origini alatrensi a cui si sentiva molto legato, tanto da tornare ad Alatri ogni qualvolta i suoi impegni lo permettevano. Violinista, jazzista di fama mondiale, ha tenuto concerti in ogni parte del mondo: Londra, New York, Bombei, Tokyo, Berlino ecc. Morì il 1 dicembre 1997.
Armando Tagliaferri  – eroe della II guerra mondiale
Nacque ad Alatri nel 1920 da Angelo Antonio. Sottotenente del 187° paracadutisti Folgore. Gli fu conferita la Medaglia d’Argento al Valore Militare alla Memoria con la seguente motivazione:
Comandante di plotone, trascinava i suoi uomini alla conquista di posizioni saldamente tenute dal nemico in terreno scoperto, battuto dal tiro delle artiglierie nemiche e delle armi automatiche, portava a compimento la sue azione ed assaltando il nemico all’arma bianca. Ferito per l’esplosione di una mina,  ordinava che prima di lui venissero soccorsi i suoi soldati. Decedeva poco dopo per le ferite riportate (durante la battaglia di El Alamein). Africa Settentrionale, Ben El Ankara, 31/08/1942.
De  Nicolò Gastone
Nel sarcofago n.6 del sacrario dove sono sepolti i martiri delle Fosse Ardeatine sono deposti i resti mortali del giovane Gastone De Nicolò. Era nato a Roma il 23 settembre del 1925 da Giuseppe e da Milena Porcarelli. Il padre fu impiegato in uno degli uffici delle Imposte di Alatri, e risiedeva con la famiglia in via Garibaldi, mentre Gastone frequentava il Liceo “Conti Gentili” di Alatri, ed era tra i giovani iscritti alla “Giosuè Borsi” l’associazione di Azione Cattolica per studenti. Il professore Sacchetti Sassetti ricorda Gastone come studente di liceo, e Giovanni Gigliozzi, nella prefazione al libro di Attilio Ascarelli “Le Fosse Ardeatine” (ed. A. N.F.I.M. 1965) scrive: “Man mano che procedevano i riconoscimenti dei poveri resti seppi che più di un mio amico aveva conosciuto la ferocia del colonnello Kappler. E rividi il piccolo Gastone con il suo teatro di burattini. Gastone, nei giorni sereni della nostra infanzia, chi avrebbe mai potuto prevedere l’atrocità del tuo destino?”.

Marianna Candidi Dionigi (1756-1826)
Immortalò Alatri nelle sue incisioni e nei suoi scritti raccolti durante i viaggi  in alcune città del Lazio che diconsi fondate da Saturno (Alatri, Anagni, Aquino, Arpino e Atina). Dalle sue opere appare lo scenario di una ciociaria dove natura e opere umane si fondono armoniosamente.
Padre Mariano
Al secolo Francesco Veloccia, nacque ad Alatri da Nicola e Margherita Bricca il 1 giugno 1756. Dopo gli studi nel Collegio “Conti Gentili” si rese cappuccino prima e sacerdote poi. La sua storia si intreccia con le vicende storiche della seconda metà del XVIII secolo. A 37 anni fu chiamato da Pio VI come Consultore dei Sacri Riti e da quel momento rimase sempre fedele al suo Papa. Costretto all’esilio e finanche al carcere durante l’invasione napoleonica, potè finalmente tornare a Roma nell’aprile del 1814, e di nuovo gli furono affidate importanti mansioni. Ma il suo fisico, ormai indebolito dagli anni dell’esilio, lo costrinse a ritirarsi nel convento di Frascati dove morì il 19 settembre 1821, quando era ormai imminente la sua nomina a Cardinale. Padre Mariano va  annoverato tra i più grandi e benemeriti moderatori dell’Ordine Cappuccino, che egli governò con fermezza e intelligenza, per cui può esserne considerato a ragione, più che il restauratore, un secondo fondatore.
Caporilli Razza Agostino
Nacque ad Alatri il 28 agosto 1796. Trasferitosi giovanissimo a Roma studiò con grande profitto al Collegio Nazzareno del quale poi occupò la cattedra di Lettere. In seguito tornò ad Alatri, dove divenne Canonico della Cattedrale e continuò ad insegnare Lettere. La sua vasta cultura umanistica lo fece diventare amico de3i maggiori letterati del tempo, che nutrirono una profonda stima. Elegantissimo latinista e poeta squisito, compose versi notevoli per nobiltà di pensiero e per classicità di stile; tra i suoi scritti vale la pena di ricordare “Endecasillabi latini per il S.Natale” e “Inni Latini in onore di S.Sisto”. Fu inoltre membro di molte Accademie Romane, tra cui la Lucchese, la Tiberina e l’Arcadia. Morì nel 1848.

Filippo Balbi (Pittore)
nacque a Napoli nel 1806. Fu grande pittore accademico e dipinse grandiose opere per la chiesa S. Bartolomeo nella Certosa di Trisulti dove si stabilì , ma altre opere sono presenti anche nelle chiese di Alatri.La sua opera maggiore è la ” Testa Anatomica” conservata nella Farmacia di Trisulti della quale curò anche l’originale decorazione degli ambienti. Morì ad Alatri , la quale per doverosa riconoscenza gli concesse la cittadinanza onoraria, il 2 settembre 1890 e sepolto nella cappella dei Padri Scolopi di Alatri.

Vinciguerra Sisto (giuridico)
nacque ad Alatri il 17 aprile 1815. Si laureo in Giurisprudenza a Roma, dove esercitò l’avvocatura. Dimostrò la sua vasta cultura giuridica pubblicando l’opera “Declaratorie officiali di vari paragrafi del  Regolamento legislativo e giuridico”. Repubblicano per eccellenza e patriota insigne, fece parte della Costituente Romana e fu Vice Presidente del Circolo Popolare di Roma. Morì a Genova, il 4 febbraio 1871.
Vincenzo Lombardi
Nacque ad Alatri il 20 novembre 1820 da Angelo Antonio e Maria Francesca Lupi; il 27 febbraio 1849 entrò come soldato comune nel Battaglione Cacciatori dell’Alto Reno e come tale prese parte alla difesa di Ancona bloccata dagli austriaci. Il 2 agosto dello stesso anno fu promosso tenente. In quel periodo si guadagnò la stima di Garibaldi che, dopo l’arrivo dei francesi a Roma e la conseguente caduta della Repubblica Romana si recò con pochi suoi fidi, tra cui Vincenzo Lombardi alla volta di Venezia che ancora resisteva allo straniero. I garibaldini si imbarcarono a Cesenatico ma Lombardi e alcuni suoi compagni furono fatti prigionieri e rimpatriati. Il Lombardi tornato ad Alatri visse purtroppo di stenti. Morì il 26 novembre 1906 all’età di 86 anni in una clinica vicino Como. Recentemente il comune di Cesenatico ha rievocato le spedizioni dei garibaldini dedicando loro una lapide, sulla quale figura il nome di Vincenzo Lombardi.
Paolo Volpi Manni
Nacque ad Alatri il 15 febbraio 1828, da Pietro e Caterina Cappelli. Illustre personaggio alatrense, il prof. Sacchetti Sassetti lo ricorda nella “Storia di Alatri” come “l’unico figlio di cui Alatri potesse menar legittimo vanto” nel secolo scorso. Trasferitosi con la famiglia a Roma, vi frequento l’Università laureandosi in Filosofia. Venne ascritto all’Accademia Drammatico-Letteraria e fu socio dell’Accademia Scientifico-Letteraria dell’Immacolata Concezione. Nel luglio 1852 ricevette la Laurea ad honorem in Giurisprudenza e qualche anno dopo fu nominato aiuto al Supremo Tribunale della Sacra Rota ottenendo così il più alto grado della Magistratura laica. In seguito ai fatti di Porta Pia assunse la carica di Commissario dell’Amministrazione Comunale di Roma. Fu inoltre membro della Commissione Consultiva per le nomine impiegatizie, nonché Presidente della Commissione nella delicata questione della definizione dei beni ecclesiastici dopo la caduta del potere temporale. Nelle elezioni politiche del 1874 il Collegio di Anagni lo mandò alla Camera come deputato, grazie ai molti suffragi avuti dagli alatrensi. Nelle elezioni del 1877 non fu rieletto per pochi voti, ma a dimostrazione della stima che il mondo politico e l’intera stampa nazionale nitrivano per lui, fu lo stesso Francesco Crispi che nel 1890 lo chiamò come Senatore a vita. Sul finire della sua vita, nel 1889, fu anche eletto Consigliere Comunale di Alatri, pochi anni prima di morire a Roma, il 6 gennaio 1892 stroncato da una polmonite. La politica, affermava Paolo Volpi Manni, non è un’arma da utilizzare per i propri bassi scopi, ma uno strumento prezioso con cui giovare efficacemente alla patria.

immagine F. Balbi da https://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Balbi

Alatrino da Alatri
Nacque ad Alatri nella seconda metà del XII secolo. Fu religioso molto stimato per cultura e ingegno, suddiacono e cappellano di tre papi: Innocenzo III, Onorio III e Gregorio IX. Grazie alle sue capacità entrò nelle grazie di questi pontefici che gli affidarono spesso compiti delicati. Ad ulteriore conferma delle abilità di Alatrino giunse la stretta collaborazione con l’imperatore Federico II; di quanta stima l’imperatore e il papa lo ricambiassero  fu constatato con l’assegnazione della prepositura di Acqui e del Canonicato della diocesi di Treviri, in Germania. I rapporti con l’imperatore si deteriorarono però a causa di una controversia tra le città della neo-costituita  Lega Lombarda e l’imperatore stesso. Alatrino rimase comunque fedele al papato per tutto il resto della sua vita, passata a dirimere delicate questioni e a coprire difficile ruoli. Morì nel 1237, pochi anni dopo essere stato insignito dal pontefice Gregorio IX dell’alta carica di Rettore del Ducato di Spoleto.

Pandolfo da Alatri  – biografo di papi e storico
Nacque e visse ad Alatri tra l’ XI e il XII secolo. Compiuto il corso di studi umanistici a Montecassino fu ben presto chiamato alla Corte Romana e lì divenne familiare del papa, nonché Lettore ed Esorcista. Trascorse la sua vita sempre fedele al papato. Per tale ragione poté raccogliere prezioso materiale intorno alla vita e alle opere degli stessi pontefici, che, nella sua qualità di familiare, egli accompagnò nei frequenti viaggi per poi stenderne la biografia con scrupolosa veridicità. Molto importanti e storicamente esatte furono le biografie dei cinque papi: Vittore III, Pasquale II, Gelasio II, Callisto II e Onorio II, nelle quali si narra il duro e tragico periodo della lotta delle investiture, e dalle quali tutti gli scrittori posteriori attinsero a larga mano. Non poche volte, come nella vita di Gelasio II, egli imprime alla narrazione un’intensa forza drammatica che vivamente impressiona e talora commuove. Per questi motivi egli è riuscito ad accattivarsi, più che la stima, l’ammirazione di tutti gli storici, senza eccezioni, che ne fanno ampi elogi di stilista efficace e soprattutto di storico veritiero e coscienzioso.

Cardinale Ugone
Educato a Montecassino, si rivelò subito uomo animoso, robusto e di ingegno elevatissimo. Grazie alle sue capacità fece rapidamente carriera nel mondo ecclesiastico, giungendo al titolo di Cardinale e uomo fidato del Papa. E’ oggi lodato da tutti gli storici, Gregorovius compreso, per un suo gesto eroico che gli è valso l’appellativi di “Novello Enea”. Durante l’invasione dell’imperatore Enrico V riuscì, pur ormai anziano, a trarre in salvo il Papa Gelasio II, portandolo in spalla dalle rive del Tevere e riuscendo a nasconderlo dagli occhi dei barbari, fino a rifugiarlo nella fortezza di Gaeta. Morì l’8 gennaio 1121 durante un viaggio nelle Puglie.

Cardinale Gottifredo
Nacque ad Alatri nel 1200 ca. Il pontefice Alessandro IV, apprezzandone la profonda dottrina e la rara sagacia, lo elevò da Vescovo a Cardinale affidandogli la Diaconia di S. Gregorio al Velabro. Dopo il 1264 partecipò attivamente agli affari ecclesiastici: fu grazie alla sua abilità che risolse la delicata questione della sottomissione della città di Bologna al dominio pontificio. Riguardo Alatri, si rese benemerito con la costruzione di numerose opere pubbliche di rilevante importanza architettonica, fra cui anche la Chiesa di S. Stefano, alcune delle quali portano tuttora il suo nome  (come il famoso Palazzo Gottifredo, oggi sede del Museo Civico). Morì a Roma, colpito dalla peste, nel maggio del 1287.

Antonio da Alatri (pittore)
nacque ad Alatri, verso la seconda metà del  XIV secolo. Si comprende facilmente che fu discepolo di una buona scuola e fu eccellente divulgatore delle forme portate a Roma dai grandi maestri della prima metà del quattrocento e più spiccatamente da Gentile da Fabriano. La sua opera di certa rinomanza è il trittico che si conserva nella chiesa di S. Maria Maggiore, questo dipinto reca nella tavola centrale l’immagine del redentore benedicente, seduto su un trono fortemente prospettico e decorato con i più svariati ornamenti cari all’arte tardo- gotica. Con fondamento approssimativo possiamo permetterci di assegnargli le seguenti opere: “Madonna col Bambino”, “S. Giovanni  Battista”, “S. Leonardo”, “Madonna di Loreto”, “S. Sebastiano”, affrescate nelle pareti di varie chiese di Alatri.

Bernardino Cacciante
Nacque ad Alatri intorno al 1475. Il nome di “Cacciante” gli deriva dal soprannome di un suo antenato che ricevette la “corona civica” per aver salvato Alatri con onore da un assedio di barbari, e significa per l’appunto “colui che scaccia il nemico”.
Grande umanista, autore di importanti scritti sia in volgare che in latino, la sua figura recentemente rivalutata si staglia come tra le più importanti tra i letterati del Cinquecento. Non molte sono le notizie sulla sua vita; si sa che visse a Roma, Urbino e Mantova. Nell’opera di questo forbito trattista cinquecentesco si fondano armoniosamente tradizioni classiche e cristiane, rivivono i temi noti della giustizia, della liberalità, dell’amicizia, della fortuna, della cupidigia e della ricchezza. Grande interesse nell’ambiente degli studiosi ha suscitato il volume “Bernardino Cacciante Aletrinate” (Centro Studi Sorani “Vincenzo Patriarca”, 1982) di Mario Martini, grazie al quale è finalmente stata resa giustizia alle opere del Cacciante. Le opere pubblicate nel libro sono le seguenti: “Libretto apologetico delle donne”, “Dialogus inscriptus lamentatio”. “Epistola al Patrizio Romano Latino Giovenale”.

 

 

Oggi, ad Alatri, si celebra la traslazione delle reliquie di San Sisto I da Roma ad Alatri.
Quest’anno, per la prima volta nella storia della nostra città, avrà luogo la rievocazione storica di ciò che accadde, secondo la narrazione Historica, l’11 di gennaio del 1132.

Mia nonna Iolanda, la sera del 10 gennaio, era solita raccontarmi “la venuta di San Sisto” colorando la narrazione di particolari come quelli legati a “chigli zic sole che chigli ommini fori d ‘pòrta, se stavan a tòll pe r’scallass ” alle prime ore del pomeriggio, quando una mula, improvvisamente, varcò le mura di Alatri.
Si tratta di una storia incredibile quella relativa all’arrivo delle sacre reliquie di San Sisto ad Alatri. Una storia che da sempre i nostri nonni ci tramandano con dovizia di particolari quasi a voler rafforzare un privilegio di cui siamo chiamati ad esserne eredi.
Mentre mia nonna proseguiva nel racconto, la mia fantasia cercava di immaginare la scena della gente che in quel giorno si riversava per le strade e i vicoli di Alatri: accorreva meravigliata a contemplare qualcosa di incredibile, sotto gli occhi stupiti di chi, lentamente, iniziava a capire che un giorno normale stava per trasformarsi in una data storica che avrebbe segnato per sempre, la vita e l’identità del nostro popolo e perchè no, anche quello degli Alifani a cui le reliquie era destinate.

Ad Alatri, mancava un “patrono” e pur essendo molte le possibilità di individuarne uno tra la schiera dei santi, è accaduto che questo arrivasse inaspettato con un nome sconosciuto, per diventarne il simbolo di coesione e di fratellanza.

Rivivere oggi quel pomeriggio dell’11 gennaio di 887 anni fa, sarà un momento prezioso, perché ci porterà a celebrare non solo la nostra identità e le nostre radici ma ci ricorderà, soprattutto, che Dio sa trovare percorsi incredibili e riportarci a casa anche quando i nostri progetti sono diversi e le nostre strade sembrano dirigersi altrove.
Siamo figli di una terra pazzesca, che ha assistito ad eventi incredibili e bizzarri, come quelli di una mula testarda che tuttavia ci ha insegnato il sapore buono di una storia meravigliosa che mai nessun futuro, nemmeno il più avaro, saprà farci dimenticare.

Gabriele Ritarossi

Il Natale a casa mia era come un pendolo che oscilla incessantemente tra un sano e genuino spirito natalizio e un “l’ faciam purché s’ tè da fa’”, passando per l’intervallo fugace, e per di più illusorio, della speranza di non svuotare il dindarolo come ogni anno alla tombolata con gli zii.
La preparazione degli addobbi, il sentirsi ogni anno più grande perché mancava sempre meno a riuscire ad arrivare a mettere il puntale sull’albero, quell’inspiegabile libidine che si provava nel premere il pallino rosso sul telecomando che, come per magia, faceva accendere tutte le lucine della casa, quella puzza di bruciato perché qualche lucina si era surriscaldata troppo e aveva mandato a fuoco il muschio nel presepe, le urla della nonna che inveiva contro il nonno con un sonoro “si più uttr’ di issi”…

Il giorno più bello per noi bambini era senza dubbio quello della Vigilia.
Il suono degli zampognari tra i vicoli di Alatri rendeva meno traumatica la sveglia di buon mattino perché tua madre, armata di parannanza e scopettone, ti veniva a svegliare per farti mettere in ordine la camera, ché la sera c’era gente.
Lo scambio dei regali, la recita della poesia e le mille lire sotto il piatto (che poi arrotondavi con qualche altro spiccio concesso dal nonno sottobanco), la saraca condita, il primo panettone (primo di una lunga ed interminabile serie) e poi tutti di corsa a messa, con l’ansia che Babbo Natale arrivasse prima del tuo rientro.

Se la mattina del 25, sotto l’albero, ti aspettava più di qualche sorpresa (perché Babbo Natale le tue letterine evidentemente le perdeva ogni anno), ciò che non era una sorpresa, puntuale come un treno in Giappone, era tua nonna che, alle sette di mattina, suonava alla porta con un piatto fumante di frittelle fatte con la pastella avanzata delle particelle fritte destinate al pranzo.

Dopo ore ed ore di devota preparazione, eccolo: il pranzo di Natale!

Quello che sai quando ti siedi, ma nessuno sa quando, se, ti alzerai da tavola; quel pranzo che ogni anno “so’ fatt’ propria du’ cosette” e poi appena arrivi la nonna ti mette davanti le già citate particelle di cime e baccalà per preparare la mandibola e la stracciatella col brodo di gallina per riscaldare lo stomaco. Ma non è festa senza timballo, che per l’occasione si è trasformato nell’Empire State Building delle leccornie. Ma du maccaruni co zic sughitt “legger legger” ‘n ci gli mitti?! Ma si, magna che va p l’anima dei morti!
E poi: il lesso della gallina già nominata prima (purché è puccat ittalla), l’arrosto misto, le patate, i broccoletti che “sgrassano”…dopotutto, chell che ‘n ‘ntorza ‘ngrassa!

Chi ce l’ha fatta arriva al dolce: il panpepato, gli struffoli, i quadrucci, i tartalicchi, le ciambelline ruzze azzuppate al vino di nonno, la ratafia casereccia, la genziana di zio, il limoncino del vicino, la tombolata con le lenticchie sulle cartelle, il panettone che ha portato la zia, quel comico di tuo cugino che grida “Ambo!” ed è uscito solo un numero, le lenticchie che si spostano in continuazione dalle caselle e qualcuno che chiede se il 23 è uscito, “Undici! Zeppetti”, le storie e le leggende della gioventù, di quando c’era la guerra e di quando si stava lontani da casa per il servizio di leva, quelle storie che ormai sapevamo tutti a memoria, ma che pagheremmo per sentirle ancora, quelle storie e quei ricordi che sono un modo per incontrarsi, per riviversi, per non perdersi e che a Natale, puntuali come lo era la nonna con le frittelle, tornano a galla e ti aspettano, a braccia conserte e con il piede martellante, sotto l’albero, tra panettoni e cesti regalo.

 

Giulia D’Alatri